Lonely Planet raccomanda Mundo Asia

“Siete il mio primo cliente in tre giorni”. Ci accoglie così il tassista che ci porta dall’aeroporto al centro di Phnom Penh. Siamo a fine luglio 2022, il covid ha picchiato duro sul turismo, anche qui e gli effetti su un paese già povero di suo sono evidenti. In questo periodo si calcola che i turisti presenti in Cambogia siano un decimo di quelli che normalmente visitano il paese. Per i viaggiatori questo può comportare qualche piccolo disagio ma offre la possibilità di spendere meno, trovarsi praticamente solo nei templi di Angkor e di dare un aiuto concreto alle migliaia di persone che vivono dei proventi del turismo.

Villaggio galleggiante sulle rive del Tonlé Sap, nei pressi di Siem Reap © Angelo Pittro/Lonely Planet Italia.

In città ci aspetta un piccolo hotel affascinante ma decadente che certo ha risentito della mancanza di turisti. Il Palazzo Reale, una delle poche cose imperdibili da vedere in città è chiuso da quando la pandemia è esplosa, chiuso pure il mitico Foreign Correspondant Club. Eppure il vibe di questa metropoli asiatica, tra le poche dove i grattacieli non hanno ancora omologato lo skyline, è formidabile. Le strade sono lo spazio del caos e della vita, i bambini vanno a scuola in divisa, i giovani sono maggioranza assoluta e dietro ogni volto c’è una storia di sofferenza nascosta da sorrisi che si fanno beffa del passato e vivono il presente con serenità. Lexus, Mercedes, Maserati e Lamborghini sfilano nel traffico contendendosi lo spazio con motorette e tuk tuk: arricchirsi è glorioso, anche in Cambogia.

Tra le strade di Phnom Penh © Angelo Pittro/Lonely Planet Italia

In tutta l’Asia il passato e il futuro stanno insieme in un presente che è disordine vitale e la capitale della Cambogia non fa eccezione. Nell’impero del non senso, ovvero delle contraddizioni, i sensi sono sopraffatti, bombardati: odore di benzina, d’aglio e durian, piscio, incenso e lemongrass, l’arancione dei monaci buddhisti, luci stroboscopiche sui tuk tuk, carretti con la frutta, il rumore dei motori, suoni di lingue sconosciute, venditori, mendicanti e seccatori, i cani randagi e poi piove all’improvviso perché c’è il monsone e diventa tutto un lago d’acqua marrone che tutti attraversano indifferenti, in ciabatte di plastica. Alzo gli occhi, su di me incombono matasse di cavi elettrici che stanno su, in qualche modo tra palme, frangipane, pali dove formano grovigli precari. Minuscoli balconi soffocati da panni stesi e condizionatori penzolanti, vecchi che fumano a torso nudo. E poi pagode e grattacieli, Buddha, Vishnu e Ganesh tutti insieme, facciate scalcinate, in quattro su un motorino col bambino in piedi sul sellino, tra mamma e papà. Plastica, rifiuti e mozziconi ovunque, liquami, bidoni straripanti, marciapiedi sbrecciati alternati a sterrati, semafori non pervenuti e così attraversare la strada provoca un brivido, è un tuffo nel flusso che si muove intorno ai pedoni ma non si arresta. Ci sono 35 gradi, l’umidità è al 94% e ho bisogno di un’altra doccia.

Il museo del genocidio è una delle ragioni per cui si viene a Phnom Penh e avere coscienza della dimensione dell’orrore e di quanto sia necessario averlo sempre presente per evitare che si ripeta. A poca distanza da questo luogo di memoria sta nascendo un quartiere di grattacieli per la borghesia affluente di Phnom Penh. Troviamo una pasticceria, si chiama Three Bakery ed è come entrare in una pasticceria di Parigi: dolci elaborati, squisiti, serviti da personale in divisa su raffinati tavoli di marmo, dove i clienti sono giovani del posto che sfoggiano i brand di abbigliamento occidentale più cool. Forse questo contrasto racconta la Cambogia di oggi meglio di ogni spiegazione, stretta tra un passato che non passa e una voglia di futuro, di edonismo e spensieratezza.

Vale la pena venire a Phnom Penh per vedere tutto questo e per godersi l’imponenza del Mekong, il grande fiume su cui tutto scorre, oppure semplicemente per godersi il tramonto da uno dei tanti sky bar che si affacciano sulle rive. Ma soprattutto per farsi contagiare da quell’impetuosa voglia di vivere che si avverte in questa città.

Il famoso treno di bamboo a Battambang © Angelo Pittro/Lonely Planet Italia

A Battambang

Sono circa sei ore di autobus per attraversare buona parte del Paese in direzione nord al prezzo vantaggioso di 15 euro, cullati dal pianto di un neonato, bloccati dai bagagli nel corridoio e rapiti dalla guida impavida dell’autista del nostro scalcagnato bus. La vecchia strada strada è un unico, ininterrotto cantiere, i cinesi hanno finanziato la trasformazione in strada ad alto scorrimento. È un viaggio che costringe a rimanere incollati al finestrino per vedere il mondo polveroso là fuori, povero e bucolico, dove si alternano risaie e lavori in corso. E vedere se l’autista del bus riuscirà, ancora una volta, a evitare un frontale che a noi sembra certo.

Battambang è la città dove la relazione con il passato recente, con il primo Novecento, è più evidente. Qui resistono edifici coloniali costruiti dai francesi (ma c’è anche un palazzo costruito da un architetto italiano) e che avrebbero tanto bisogno di manutenzione. Ci lasciamo conquistare, come quasi tutti dalla gita sul Bamboo Train, ovvero una piattaforma di bambù, alimentata da un piccolo motore a scoppio che scorre per 40 minuti sui binari del treno che collega la città con la capitale. Sono 5 dollari spesi per salire su una giostra che consente un affaccio sulle campagne e sulle splendide risaie, vero patrimonio di questa regione che, al tramonto e all’alba regalano spettacolari giochi di luci e ombre manovrate da un cielo gonfio di monsone.

Uno dei fenomeni naturali più curiosi di questa zona è quello che si verifica, al tramonto, alle grotte di Phnom Sapov, a circa 15 km dalla città. Qui, ogni sera, richiamati dall’arrivo delle tenebre, un flusso ininterrotto di milioni di pipistrelli esce dalla grotta per volare fino a 50 km di distanza sulle risaie circostanti. La suggestione di questo fenomeno richiama l’attenzione dei turisti che, per circa mezz’ora, birra alla mano, possono godersi lo spettacolo con gli occhi puntati al cielo nel momento in cui offre il meglio di sè. Siamo ai piedi di una collina su cui salire è d’obbligo. In cima troverete un tempio che si affaccia vertiginosamente sulle risaie sottostanti. Poco oltre troverete il punto da cui i khmer rossi uccidevano i prigionieri lanciandoli nel vuoto. Ancora una volta, inferno e paradiso si incrociano in Cambogia.


Il parco che circonda il Sofitel di Siem Reap che ospita 83 specie diverse di piante tropicali © Angelo Pittro/Lonely Planet Italia

Siem Reap

Ampi viali alberati, piste ciclabili, arredo urbano curato, pulizia impeccabile e ovunque eleganti edifici, prevalentemente hotel e ristoranti. Benvenuti nella nuova Siem Reap, nata come villaggio satellite per ospitare i turisti diretti ai templi e oggi città moderna. Vivace e ordinata, una sorta di piccola Singapore cambogiana che durante il lockdown si è rimessa a nuovo, investendo in lavori pubblici. In effetti, sembra di aver attraversato una frontiera talmente grande è la differenza rispetto al resto del paese, capitale compresa. La piacevolezza del posto, unita alla rilevanza di Angkor, ci convince a trattenerci qui per cinque giorni.

Ingresso al tempio di Angkor © Angelo Pittro/Lonely Planet Italia

I templi di Angkor

Eccoci alla tappa che da sola vale il viaggio. Arriviamo a Siem Reap su quattro ruote, dopo aver tentato di fare il nostro viaggio in barca, esperienza imperdibile perché consente di vedere i villaggi galleggianti. Ma il covid ha ridotto drasticamente il numero di turisti e pertanto la barca non parte. È un peccato ma noi vediamo il bicchiere mezzo pieno: il sito che ospita i templi più famosi del mondo registra un decimo delle presenze, occasione irripetibile per averli a nostra disposizione senza la ressa. Per la gente del posto è un disastro epocale: Sarom, l’autista del nostro tuk tuk, ci racconta che la figlia ha smesso di frequentare la scuola d’inglese, che non sa come pagare le rate del suo mezzo e che nei due anni senza lavoro non ha ricevuto alcun aiuto dal governo. Ecco, questo è il prezzo che qualcuno paga, l’altra faccia dell’ overtourism e la conferma che viaggiare porta sviluppo e non solo ricchezza.

Dopo aver acquistato i biglietti online, alle 5 siamo davanti all’ingresso, pronti per veder sorgere il sole. Il wat è il principale tempio della zona, il più grande luogo sacro del mondo. Ma è solo uno tra i tantissimi templi sparsi su un’area grande come Los Angeles. Prima di arrivare qui non credevo a ciò che leggevo poi, quando la luce ha illuminato il wat non credevo ai miei occhi. Stesso stupore il giorno dopo, al Ta Promh, il tempio di “Tomb Raider”, così come al Bayon e al Banteay Srei. Ma vale la pena di fare base a lungo a Siem Reap perché è il posto giusto per organizzare una gita indimenticabile in uno dei villaggi sulle rive del lago Tonlé Sap e ammirare la foresta allagata, facendosi trasportare da piccole barche in legno.

All’Angkor Thom la natura si riappropria dello spazio avvolgendo i templi millenari © Angelo Pittro/Lonely Planet Italia

Consigli per mangiare e dormire

L’Asia a tavola è sempre una festa ma la Cambogia si è rivelata una deliziosa sorpresa, essendo meno conosciuta di quella di altri paesi di questa zona. Con meno di dieci dollari al giorno è quasi sempre possibile fare un pasto in stile khmer, annaffiato dalla onnipresente birra Angkor. Molto più cari sono invece i ristoranti internazionali: ci è capitato di pagare 7 dollari per una bottiglia di acqua.

A Phnom Penh sono molte le possibilità di cenare in ristoranti che mescolano cucina khmer e cucina francese. Un buon indirizzo molto apprezzato anche dagli expat residenti qui è Pépé Bistro, dove la cucina francese incontra l’Asia.

A Battambang ci sono almeno due indirizzi da tenere presenti. Il primo è Coconut Lyly, locale shabby chic, piatti succulenti e ben presentati. Il secondo è Jaan Bai, ristorante e scuola di cucina: piatti schietti e cura delle materie prime.

Capitolo alberghi: mai come in questo momento la disponibilità di hotel è ampia e alla portata di tutte le tasche. In luglio e agosto è possibile trovare una camera doppia dignitosa a partire da 30 euro a notte ma non sempre pulizia e servizio sono all’altezza delle aspettative. Vale la pena prendere in considerazione di spendere una cifra più alta permettendosi hotel di categoria lusso a prezzi ragionevoli. A Siem Reap, ci siamo concessi il meraviglioso Sofitel, albergo in perfetto stile coloniale, immerso in un parco tropicale che ospita oltre novecento piante e che sarà particolarmente apprezzato dagli amanti del birdwatching. Una doppia per farsi coccolare in questo angolo di Oriente da romanzo, costa intorno ai 170 dollari, in questo periodo. Nella stessa fascia di prezzo, Anantara è un boutique hotel che richiama nella struttura e negli arredi l’estetica khmer (la piscina rivestita di pietra scura ricorda le vasche dei templi di Angkor), l’acqua e il legno sono protagonisti di tutti gli ambienti. Per chi cerca un buon compromesso tra qualità e prezzo, Lotus Blanc Resort si è rivelato una buona scelta e l’enorme piscina farà contenti grandi e piccini.

Da sapere prima di partire

In questo momento, i voli che collegano direttamente la Cambogia all’Europa sono ancora pochi e spesso cari. Noi abbiamo scelto di volare su Bangkok, spendendo 450 euro e poi prendere un volo low cost su Phnom Penh.

L’ingresso in Cambogia, oltre al visto come sempre, ora è subordinato alla sottoscrizione di una polizza assicurativa obbligatoria che copra anche il Covid. Noi ci siamo appoggiati a Chapka realtà specializzata in assicurazioni di viaggio, che opera esclusivamente online.

Nonostante questo paese non presenti particolari difficoltà per i viaggiatori indipendenti, appoggiarsi a un tour operator locale può essere di grande aiuto, tanto più in questo momento in cui le strutture turistiche stanno affrontando le difficoltà del post pandemia. La qualità e la garanzia del servizio può variare in modo significativo rispetto al passato, qui come altrove: hotel con scarso personale, musei chiusi, collegamenti cancellati sono imprevisti probabili. Mundo Asia Tours è un operatore specializzato in Sud est asiatico a cui fare riferimento per l’organizzazione del vostro viaggio avendo la garanzia di trovare un servizio adeguato alle vostre aspettative.

Infine, partite avendo in tasca dollari americani perché è questa la valuta che userete e perché le carte di credito sono accettate abbastanza di rado.

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